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Le relazioni di attaccamento con i figli

 

La prima fondamentale funzione genitoriale è la capacità di instaurare con i propri figli relazioni affettive profonde ed esclusive, che in psicologia vengono definite legami di attaccamento.

Come già visto nella Scheda 16, la teoria dell’attaccamento è stata sviluppata da John Bowlby, che per primo ha notato come i bambini non ricercassero nella madre solo il nutrimento, ma anche protezione, serenità, calore affettivo, sensibilità. Trovare risposta a questi bisogni è ciò che permette ai figli di instaurare un legame sicuro e profondo, inizialmente con la madre e poi anche con il padre.

I genitori devono, quindi, per esercitare al meglio la propria funzione genitoriale, essere affettivamente disponibili nella relazione con i figli, stabilendo legami tali per cui questi ultimi possano sentirsi liberi di esplorare il mondo circostante perché certi che potranno, in qualunque momento di difficoltà, tornare dai genitori e trovarli pronti ad aiutarli, proteggerli, confortarli.

Questo perché i figli, se i genitori saranno stati capaci di costruire con loro una relazione di attaccamento adeguata, vedranno i genitori come un porto sicuro e non avranno paura di allontanarsi perché saranno certi di trovarli sempre lì.

 



Le relazioni di attaccamento, in particolare quella con la madre, vengono costruite a partire dai primissimi momenti di vita e la qualità di tali primi legami è fondamentale per le competenze relazionali dei figli una volta cresciuti. Infatti, i legami di attaccamento hanno anche l’importante funzione di organizzare la vita psichica dei bambini, che sarà quella che plasmerà la loro personalità una volta adulti.

In che modo avviene questo? Se negli scambi con i bambini i genitori sono responsivi, emotivamente sintonizzati e costanti, i bambini apprendono schemi relazionali dai quali imparano tanto della relazione quanto di se stessi. Ad esempio, se un bambino ha paura di qualcosa e trova la madre a fianco a lui, che lo rassicura parlandogli in modo dolce, sorridendo e abbracciandolo, una madre che gli dimostra di comprendere la sua emozione ma che riesce contemporaneamente a renderla meno destabilizzante, quel bambino riuscirà a calmarsi e piano piano, interiorizzando la presenza della madre grazie alla costanza della sua presenza e della sua risposta, a gestire autonomamente le proprie emozioni. È in questo modo che la vita psichica dei figli viene plasmata dalla presenza empatica e rispecchiante dei genitori.  

Un esempio evidente di come questo meccanismo funziona è evidente nell’esperimento della Still Face di Edward Tronick, che ha mostrato come quando la madre cessa di essere responsiva nell’interazione col figlio, egli cade in uno stato di disorganizzazione psichica e non riesce ad autoregolarsi.


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