Il superiore interesse del minore
L’assemblea generale delle Nazioni Unite ha approvato la Convenzione sui Diritti dell’Infanzia nel 1989, la quale sottolinea l’importanza per i bambini di possedere dei diritti: allo sviluppo, alla sopravvivenza, alla protezione e alla partecipazione.
“In tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza delle istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi, l’interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente”.
- Art. 3 della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza
Il principio di superiore interesse del minore stabilito dall’art 3 della Convenzione Onu sui Diritti dell’infanzia e dell’Adolescenza, riconosce al minore diritti propri.
Gli interessi del minore, afferma l’articolo, fanno carattere di preminenza rispetto agli interessi in causa e l’istituzione in ogni sua forma è chiamata a farsene carico e a proteggere tali interessi al di sopra degli altri. Tale determinazione orienta ogni decisione nell’ambito del diritto minorile e del diritto di famiglia ed assume un carattere centrale nel momento in cui si vuole andare a regolare la vita della famiglia dopo la separazione.
La domanda centrale non è quali siano gli interessi dei genitori nella situazione o che cosa loro desiderano nella riorganizzazione della famiglia. Questi interessi sono presenti, ma sono secondari rispetto all’interesse del bambino o dell’adolescente.
Che cosa è nell’interesse dei nostri figli? Qual è per loro la migliore organizzazione della famiglia, nei limiti delle possibilità dei genitori e della famiglia stessa?
Questa è la domanda fondamentale che giuridicamente (e non solo) guida il processo di ridefinizione dell’organizzazione familiare.
Comprendere quale sia il miglior interesse del minore è fondamentale, ma non è sempre così semplice. In particolare quando i genitori non la vedono alla stessa maniera. Un genitore, per esempio, potrebbe ritenere che sia nell’interesse di suo figlio frequentare la sua nuova fidanzata, mentre l’altro genitore potrebbe pensare il contrario.
Per esempio, un genitore potrebbe ritenere che sia interesse del figlio svolgere un percorso psicoterapeutico, mentre l’altro genitore potrebbe ritenerlo rischioso o inutile.
A volte, in queste situazioni, può aiutare ascoltare il parere del figlio, specie se è già adolescente. Altre volte può essere utile chiedere il parere di un esperto.
Se proprio risulta impossibile una conciliazione, se i genitori vedono loro figlio in modo così diverso da non riuscire ad avere un’idea comune di cosa abbia bisogno, è possibile ricorrere ad un giudice e il giudice per decidere, potrebbe chiedere un parere tecnico ad esperti specializzati.
Nella maggior parte dei casi i genitori sapranno decidere da soli cosa è meglio per il figlio e questo aiuterà quest’ultimo a crescere sentendosi protetto e riconosciuto nei suoi bisogni.
Il diritto del minore alla famiglia
“Il minore ha diritto di crescere ed essere educato nell’ambito della propria famiglia”
– Art. 1 Legge 184/83
Il diritto del minore alla famiglia è sancito dall’articolo 1 della legge 184 del 1983 e poi ripreso nel testo di legge 149 del 2001. Tale articolo riconosce la sua famiglia come l’unico ambiente di crescita per un figlio fino alla maggiore età.
Questo non vuol dire che non ci possano essere dei momenti di allontanamento dalla famiglia, legati per esempio a interessi particolari di quel figlio (motivi di istruzione o altro) o legati ad un momento di particolare difficoltà della famiglia che può essere temporaneamente sprovvista degli strumenti adeguati per favorire la mig
liore crescita dei suoi figli (incapacità di fornire cure adeguate o situazioni di violenza domestica, per esempio).
Presto però il figlio, se minorenne, dovrà rientrare in famiglia: la giurisprudenza riconosce la famiglia come unico luogo adeguato di crescita dei figli e da loro diritto ad essere educati al suo interno.
E’ per questo motivo che diviene molto importante sia dal punto di vista giuridico, sia dal punto di vista concreto che nel momento della separazione la famiglia nella sua complessità resti salda e che anche se organizzata in una maniera differente, con due case e con tempi e modi diversi, possa restare il luogo di crescita e di educazione dei figli.
“Gli stati parti rispettano la responsabilità, il diritto e il dovere dei genitori o, se del caso, dei membri della famiglia allargata o della collettività, come previsto dagli usi locali, dei tutori o altre persone legalmente responsabili del fanciullo, di dare a quest’ultimo, in maniera c
orrispondente allo sviluppo delle sue capacità, l’orientamento e i consigli adeguati all’esercizio dei diritti che gli sono riconosciuti dalla presente Convenzione”
– Art. 5 della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza