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Il diritto del minore alla

bi-genitorialità


Il principio di bi-genitorialità è il principio etico in base al quale un bambino ha un legittimo diritto a mantenere un rapporto stabile con entrambi i genitori, anche se gli stessi siano separati o divorziati. Non devono esistere impedimenti che giustifichino l’allontanamento di un genitore da suo figlio.


Dopo la Convenzione sui Diritti del Bambino di New York del 20 Novembre 1989, si è diffuso sempre di più il concetto che un bambino ha il diritto di avere un rapporto continuativo con entrambi i genitori, anche se gli stessi si separano.

Quando due persone unite da vincolo matrimoniale si separano, si presenta la questione dell’affidamento dei figli. Secondo la legge, il principio di massima da rispettare è quello della bi-genitorialità.

Questo vuol dire che il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ognuno dei genitori, di ricevere attenzione, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ognuno dei rami genitoriali (Art. 337- ter c.c.).

Il principio di bigenitorialità, in presenza di separazione e di divorzio dei coniugi, si trasforma nel dovere del giudice di preferire sempre l’affido condiviso della prole, anziché quello esclusivo. In un simile contesto si pone un’ordinanza della Suprema Corte di Cassazione (Corte di Cassazione, Ord., 10 Dicembre 2018 n. 31902), con la quale la Corte si è vista costretta a negare l’applicazione di una proporzione matematica in termini di parità di tempi di frequentazione del minore con ognuno dei genitori e a ricordare come va correttamente inteso il diritto alla bigenitorialità.


In parole povere, la Cassazione con la sopra menzionata ordinanza, precisa che la bigenitorialità non si concretizza in termini di parità dei tempi di frequentazione del minore, ma richiama il diritto di ogni genitore e del figlio ad essere presente in modo significativo nella sua vita, contemperando questo diritto con le complessive esigenze di vita che si pongono nel caso concreto.

Di conseguenza, il diritto alla bigenitorialità deve essere inteso in modo corretto come presenza comune dei genitori nella vita dei figli, idonea a garantire agli stessi una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi, i quali hanno il dovere di cooperare nella sua assistenza, educazione ed istruzione (Cass. Civ., 23 Settembre 2015.n. 18817).

Semplificando: nei casi di separazione dei coniugi il giudice, per porre in essere il principio di bigenitorialità, si deve fare orientare da determinati parametri:

- Deve tenere conto del modo nel quale i genitori hanno svolto, in precedenza, i loro compiti in relazione alla prole

- Deve valutare le rispettive capacità di relazione affettiva, attenzione, comprensione, educazione e disponibilità a un assiduo rapporto genitore-figlio

- Deve considerare la personalità del genitore, delle sue consuetudini di vita e dell’ambiente sociale e familiare che è in grado di offrire al minore.



- Art. 155- Provvedimenti ai figli

"Anche in caso di separazione personale dei genitori, il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale. Per realizzare la finalità indicata dal primo comma, il giudice che pronuncia la separazione personale dei coniugi adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di essa. Valuta prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori, oppure stabilisce a quale di essi i figli sono affidati, determina i tempi e le modalità della loro presenza presso ciascun genitore, fissando altresì la misura e il modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento, alla cura, all’istruzione e all’educazione dei figli. In caso di disaccordo la decisione è rimessa al giudice. Limitatamente alle decisioni su questioni di ordinaria amministrazione, il giudice può stabilire che i genitori esercitino la potestà separatamente (Art. 1 Legge 54/2006).


La legge riconosce l’importanza che entrambi i genitori si impegnino nell’educazione dei figli e, come diretta conseguenza, i figli vengono affidati ad entrambi i genitori, salvo situazioni eccezionali in cui sia riconosciuta l’impossibilità di un genitore di occuparsi della prole.

Fino al 2006, prima dell’introduzione della legge 54/2006, i figli erano affidati nel 90% dei casi alle loro madri, le quali potevano prendere autonomamente decisioni importanti sulla loro gestione e sulla loro educazione. Ora, nel 90% dei casi, i figli di genitori separati sono affidati ad entrambi i genitori. Questo impone ai genitori uno sforzo ulteriore di negoziazione nel prendere congiuntamente decisioni relative alle decisioni sulla gestione della vita dei figli. Quindi ogni decisione, dallo sport al corso di musica, dalla scuola alle vacanze estive, va governata congiuntamente dai genitori separati e ciascun genitore ha il diritto di opporsi alle decisioni che vengono prese autonomamente dall’altro genitore.



“Gli Stati parti faranno del loro meglio per garantire il riconoscimento del principio secondo il quale entrambi i genitori hanno una responsabilità comune per quanto riguarda l’educazione del fanciullo e il provvedere al suo sviluppo. La responsabilità di allevare il fanciullo e di provvedere al suo sviluppo incombe innanzitutto ai genitori, oppure, se del caso, ai suoi tutori legali, i quali devono essere giudicati principalmente dall’interesse preminente del fanciullo”

– Art. 18 della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza


“Gli Stati parti vigilano affinché il fanciullo non sia separato dai suoi genitori contro la loro volontà, a meno che le autorità competenti non decidano, sotto riserva di revisione giudiziaria e conformemente con le leggi di procedura applicabili, che questa separazione è necessaria nell’interesse preminente del fanciullo. Una decisione in questo senso può essere necessaria in alcuni casi particolari, ad esempio quando i genitori maltrattino o trascurino il fanciullo, oppure se vivano separati e una decisione debba essere presa riguardo al luogo di residenza del fanciullo. In tutti i casi previsti al paragrafo 1 del presente articolo, tutte le parti interessate devono avere la possibilità di partecipare alle deliberazioni e di far conoscere le loro opinioni. Gli stati parti rispettano il diritto del fanciullo separato da entrambi i genitori o da uno di essi di intrattenere regolarmente rapporti personali e contatti diretti con entrambi i genitori, a meno che ciò non sia contrario all’interesse preminente del fanciullo”.

– Art. 9 della convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza

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