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La separazione giudiziale


L’istituto della separazione giudiziale è alternativo a quello della separazione consensuale e trova la propria fonte all’articolo 151 del codice civile e 706 e seguenti del codice di procedura civile. Si tratta di un procedimento più costoso e lungo, a cui solitamente si ricorre ove non sia possibile trovare un accordo fra i coniugi o vi siano le prospettive di chiedere l’addebito. La separazione giudiziale consiste in un procedimento civile ordinario che si apre con il ricorso da parte del primo dei due coniugi che lo propone. La separazione giudiziale è dunque un procedimento civile contenzioso attraverso cui uno dei due coniugi ricorre al Presidente del Tribunale per la pronuncia di una sentenza di separazione coniugale. Con la sentenza saranno regolati i rapporti anche patrimoniali dei coniugi e gli stessi saranno autorizzati a vivere separatamente.

A seguito di tale iniziativa il Presidente del tribunale emette un decreto con cui:

  • fissa la data dell’udienza in cui le parti dovranno comparire personalmente innanzi a lui non oltre 90 giorni dalla data in cui è stato depositato il ricorso;

  • stabilisce due termini rilevanti per il coniuge convenuto: quello entro cui gli devono essere notificati il ricorso e il decreto e quello entro cui può presentare una memoria difensiva ed altri documenti.

All’udienza di comparizione i coniugi devono essere accompagnati dai propri difensori e saranno sentiti dal giudice in due momenti. Prima separatamente e poi congiuntamente perché il giudice ha il compito di tentare una riconciliazione. Se la conciliazione ha esito negativo il Presidente, dopo aver concesso la cessazione della convivenza e aver assunto i provvedimenti provvisori necessari con riguardo ai figli e alla casa coniugale, assegna la causa di separazione ad un giudice istruttore e fissa la data della prima udienza dinanzi a quest’ultimo. Una volta ottenuta la sentenza di separazione giudiziale cessano le obbligazioni inerenti alla vita in comune. I coniugi non sono più tenuti all’obbligo di convivenza. Allo stesso modo i coniugi non sono più tenuti a prestarsi assistenza reciproca secondo quanto previsto in sede di matrimonio. Cesserà naturalmente anche l’obbligo di reciproca fedeltà. A favore del coniuge economicamente più “debole” può essere previsto un assegno di mantenimento, che è parametrato al tenore di vita avuto nel corso del matrimonio. Solo in sede di divorzio l’assegno “divorzile” non sarà più commisurato al tenore di vita avuto in sede di matrimonio.



La separazione giudiziale con addebito


Una caratteristica della separazione giudiziale è la possibilità che il giudice riconosca l’addebito della separazione. Il codice civile dice che il giudice, quando pronuncia la separazione, dichiara, se ne ricorrano le circostanze e ne sia richiesto, a quale dei coniugi debba essere addebitata la separazione, considerando il suo comportamento contrario ai doveri che derivano dal matrimonio. I presupposti che riconoscono l’addebito della separazione sono: - L’espressa richiesta da parte di uno dei coniugi - La violazione, da parte dell’altro, dei principali doveri che derivano dal matrimonio, come ad esempio quello di fedeltà o di coabitazione.

L’addebito è una specie di riconoscimento di responsabilità che il giudice fa quando uno dei due coniugi sia colpevole della fine del matrimonio, e comporta due fondamentali conseguenze giuridiche: La perdita del diritto al mantenimento, anche se ricorrano in astratto le condizioni economiche per la sua concessione. Non si perde il diritto agli alimenti, che rappresentano un minimo sostegno economico per vivere.

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