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Stili di attaccamento e una buona genitorialità


Dalla relazione coi nostri genitori nell’infanzia deriva ciò che viene definito stile di attaccamento, ovvero una determinata modalità che ciascuno di noi ha di creare e mantenere un legame affettivo.

Ognuno di noi ha assorbito e vissuto nella propria infanzia un particolare stile che i genitori hanno usato per relazionarsi con noi. Questo dipende dalla presenza, responsività e capacità di rispecchiamento dei genitori rispetto ai bisogni del bambino.

 

Gli stili di attaccamento sono fondamentalmente quattro:

·        attaccamento insicuro evitante: rapporto con una figura di attaccamento insensibile ai segnali e rifiutante sul piano del contatto fisico, nei bambini si manifesta con una sfiducia in un’adeguata risposta materna e in reazione di disagio e sottrazione al contatto fisico

·        attaccamento sicuro: il bambino mostra un buon equilibrio tra autonomia ed esplorazione e ricerca di contatto

·        attaccamento insicuro ansioso ambivalente: la madre non è stata in grado di fornire adeguato aiuto e protezione e il bambino è assorbito dalla sua figura ma non riesce ad utilizzarla come base sicura da cui partire per esplorare l’ambiente

·        attaccamento insicuro disorganizzato: in questo caso vi è il fallimento della costruzione del legame madre-bambino


Questi legami di attaccamento determinano rappresentazioni mentali di sé e degli altri, chiamati modelli operativi interni. Questi indirizzano l'individuo nell’interpretazione delle informazioni che provengono dal mondo esterno e guidano il comportamento nelle situazioni, specificatamente nelle relazioni. Tali modelli possono rappresentare delle risorse vitali, che danno valore a noi, all’altro e al nostro legame, o a volte invece ferite profonde che si riflettono in una certa diffidenza relazionale.



Sebbene questi modelli siano inconsci, è possibile osservare i nostri comportamenti, atteggiamenti e pensieri e cercare di comprendere se in questi siano presenti delle modalità ereditate dai nostri genitori e riflettere sulla loro bontà e funzionalità all’interno del legame coi nostri figli. Non sarà semplice distaccarsi e differenziarsi da alcune modalità relazionali poco funzionali che sono parte integrante di noi, ma sicuramente una riflessione più profonda e interiorizzata, magari anche supportata da una figura professionale come lo psicoterapeuta, può essere molto d’aiuto. 

Ricordiamoci però che non dobbiamo lavorare per raggiungere un modello di perfezione: il genitore perfetto non esiste, siamo umani. Come afferma Winnicott, psicoanalista britannico, non è necessario che i genitori siano perfetti nella relazione con i figli bensì sufficientemente buoni, ovvero capaci di donare una sufficiente e autentica dose d’amore, di sicurezza, di rispecchiamento e di presenza.

Questa capacità prende forma se il genitore è sufficientemente consapevole delle emozioni e delle modalità relazionali che mette in campo con i figli, che derivano necessariamente dalle figure genitoriali che ha avuto. È proprio la consapevolezza che ci dà modo di evitare di sentirci costretti e intrappolati nel modo di essere genitori che abbiamo sperimentato nella nostra famiglia d’origine.


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