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Il diritto del minore ad essere ascoltato

1. Gli Stati Parti garantiscono al fanciullo capace di discernimento il diritto di esprimere liberamente la sua opinione su ogni questione che lo interessa, le opinioni del fanciullo essendo debitamente prese in considerazione tenendo conto della sua età e del suo grado di maturità. 2. A tal fine, si darà in particolare al fanciullo la possibilità di essere ascoltato in ogni procedura giudiziaria o amministrativa che lo concerne, sia direttamente, sia tramite un rappresentante o un organo appropriato, in maniera compatibile con le regole di procedura della legislazione nazionale. Art. 12 della Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza
Il minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento è ascoltato dal presidente del tribunale o dal giudice delegato nell’ambito dei procedimenti nei quali devono essere adottati provvedimenti che lo riguardano. Se l’ascolto è in contrasto con l’interesse del minore, o manifestamente superfluo, il giudice non procede all’adempimento dandone atto con provvedimento motivato. L’ascolto è condotto dal giudice, anche avvalendosi di esperti o di altri ausiliari. [...] Art. 336-bis comma1 Codice Civile
[...] Il figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici, e anche di età inferiore ove capace di discernimento, ha diritto di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano. [...] Art. 315-bis del Codice Civile

I figli hanno il diritto di essere ascoltati, in primis, dai propri genitori. Hanno il diritto di poter parlare sentendosi accolti e rispettati, senza essere giudicati. Hanno il diritto di essere arrabbiati, tristi, di avere paura e incertezze, sapendo che in ogni caso verranno compresi. Anch


e nelle separazioni più serene i figli possono provare questi sentimenti e hanno il diritto di esprimerli.

L’ascolto del minore però non è solo un buon metodo educativo è diventato giuridicamente un diritto soggettivo assoluto: il figlio ha, quindi, il diritto di prendere parte ai procedimenti che lo riguardano e ad essere ascoltato, in modo da poter avere la possibilità di esprimere il proprio punto di vista e i propri bisogni riguardo a decisioni che lo riguardano in prima persona.


L’art. 315 bis c.c. afferma che il minore ha diritto di prendere parte di procedimenti che lo riguardano ed essere ascoltato, così da avere la possibilità di esprimere il proprio punto di vista su decisioni che lo coinvolgono.

Naturalmente non possiamo pensare che i bambini più piccoli siano in grado di esercitare questo diritto: non possiamo chiedere ad un bambino di quattro anno, per esempio, di esprimere la sua opinione in giudizio. La legge italiana e le convenzioni internazionali prevedono che sia necessario l'ascolto del minore nei procedimenti giuridici che lo riguardano a partire dal dodicesimo anno di età o comunque anche prima qualora il minora dia dimostrazione di essere nelle condizioni di poter esprimere il suo parere nella situazione.

Questo non significa che ogni decisione giuridica che riguarda il minore, come per esempio la definizione del piano genitoriale nella separazione, debba orientarsi a partire da volere dei figli: è importante che gli adulti e le istituzioni preposte prendano le loro decisioni. Questo significa però che gli adulti e le istituzioni devono tenere in considerazione anche l'opinione dei più piccoli per decidere quello che ritengono meglio per loro.


L'ascolto del minore che abbia compiuto dodici anni (o anche di età inferiore se in grado di discernimento) è previsto in ogni atto legale che lo riguardi e così anche nel caso della separazione dei genitori. E' previsto che venga ascoltato dal giudice ma molto più spesso viene ascoltato da un professionista esperto delegato del giudice. Tale ascolto è fondamentale in particolare nel caso di separazione giudiziale. La giurisprudenza a riguardo ci offre l'occasione per comprendere meglio come sia importante che i nostri figli, quando hanno facoltà per comprendere vengano adeguatamente ascoltati non solo dal giudice ma prioritariamente dai genitori perché possano esprimere i loro bisogni, i loro sentimenti e le loro opinioni il più possibile liberamente. Cio non significa che siamo autorizzati o che sia adeguato chiedere ai nostri figli con chi desiderano vivere o cosa pensano dei genitori che si sono separati: simili domande li porrebbero di fronte alla richiesta di uno schieramento e questo, evidentemente, non è opportuno. Neppure il giudice, o il suo delegato procederebbe mai in questo modo. E' però fondamentale che si possa chiedere loro come si sentono in questa situazione e come vedono la situazione attuale e l'organizzazione futura della famiglia. E' importante che vengano coinvolti nella decisione dei genitori, che non la subiscano passivamente. Questo è il significato di questa normativa.



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